di Emanuele di Santo
Il 22 febbraio 1300 papa Bonifacio VIII istituì il primo Giubileo universale della cristianità. Ma le sue origini sono molto più antiche: già il popolo ebraico, seguendo le norme stabilite nella Bibbia – al capitolo 25 del libro del Levitico –celebrava ogni cinquanta anni un anno sabbatico eccezionale, in cui persino la terra doveva riposare restando incolta e si prescriveva la remissione dei debiti e il riscatto degli schiavi.
Dal nome della tromba con cui si inaugurava solennemente quest’anno –yôbel – deriva il termine giubileo.
Nella fede cristiana il Giubileo è uno speciale anno di grazia e di perdono che si celebra, ordinariamente, ad ogni quarto di secolo, con lo scopo di prolungare gli effetti spirituali degli eventi storici della salvezza, operata da Cristo: l’Incarnazione e la Redenzione.
Il significato principale dell’anno giubilare è quello della remissione: esercitando in maniera particolarmente solenne il potere di rimettere i peccati, dato da Cristo a san Pietro e ai suoi successori, il papa concede ai fedeli, che abbiano adempiuto le condizioni prescritte, l’indulgenza plenaria, cioè la remissione totale della pena dovuta per i peccati.
Commessa una colpa, il cristiano pentito che va a confessarsi ottiene il perdono, ma resta la necessità di riparare, in questa vita o nell’altra, l’offesa recata alla bontà e alla giustizia di Dio e alla santità della chiesa. Con il dono dell’indulgenza viene così applicato al peccatore, ancora in vita o all’anima in purgatorio, il tesoro di grazia costituito dai meriti di Cristo, della beata Vergine e dei santi.
Per ottenere l’indulgenza, il fedele deve compiere un autentico percorso di conversione e impegnarsi nel bene: a questo giovano i pellegrinaggi alle principali basiliche con il passaggio della Porta Santa e la ricezione dei Sacramenti; le opere di penitenza e di carità.
Emanuele di Santo