di Mons. Ignazio Zambito, Vescovo di Patti
Reso attento dal rituale squillo del jobel il popolo ascoltava: « Quando entrerete nel paese che io vi do, la terra dovrà avere il suo sabato consacratola Signore…dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo. Il cinquantesimo sarà per voi un giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate»(Lv 25,2-11).
E’ il dettato biblico rendeva immediatamente comprensibile il messaggio di Gesù quel giorno, nella drammatica atmosfera della sinagoga di Nazereth: lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore. Poi arrotolò il volume lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi» (Lc 4,16-21).
Ed è con felice intuizione che, da sette secoli, il cammino del popolo dei credenti è segnato dal suono del jobel per ragioni che hanno a che fare, di volta in volta, con l’universalità dei battezzati o con una porzione di loro. A ricordare, a riportare nel cuore.
Ricordare per:
- Contemplare il mistero della grazio di Dio affidata alla Chiesa a beneficio di tutti. Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni ma ai santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito e consiste nel fatto che tutti sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo. Ed è dono del tutto gratuito essere ministro di tale dono della grazia di Dio: annunziare a tutti le imperscrutabili ricchezze di Cristo, fare risplendere agli occhi di tutti quale è l’adempimento del mistero nascosto da secoli nella mente di Dio, creatore dell’universo, di modo che sia manifestata la multiforme sapienza di Dio, secondo il disegno eterno che ha attuato in Cristo Gesù nostro signore, il quale ci da il coraggio di avvicinarci in piena fiducia a Dio per la fede in lui (cfr Ef 3,2-12);
- Riprendere la via della vita vera che è Cristo; via che non è che porta a notti d’angoscia nel deserto sferzato da venti freddi ma confortato dalla sempre presente nuvola che illumina e addolcisce le notti e fa ardere i cuori d’un fuoco d’amore nell’attesa di un mattino gioioso dell’approdo alle porte dei cieli dove canteremo l’alleluia delle messi mature,non rattristato da dissonanze.
E contempla Ficarra il Mistero di Dio Creatore. Di Dio che si rivela avendo parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti e, ultimamente, per mezzo del Figlio (Eb 1,1-2). Di Dio Redentore perché elevato da terra, attira tutti (Gv 12,32), ricco di misericordia, s’impegna:« tutto ciò che il Padre mi da, verrà a me; colui che viene a me , non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo per fare la volontà di colui che mi ha mandato e non perdere nulla di quanto egli mi ha datato risuscitandolo nell’ultimo giorno»(cfr. Gv 6,37-40) e per mezzo dell’apostolo: «lasciatevi riconciliare»(2 Cr 5,20).Di Dio che nell’ora della morte gloriosa assicura: «sarai con me in paradiso»(Lc 23,43). Contempla accanto alla sua Madonna, innamorata della «Gran Signura Maria» che, fiera, ammira, custodisce e venera.
Ficarra riprende il cammino di vita cristiana imitando la Vergine concentrato di grazia, rosa d’indicibile bellezza, terribile come un esercito già schierato. Come lei si fa totalmente di Dio, ascolta, offre, genera. Di Dio che, amore, nella concreta apertura agli altri indica l’energia che realizza.
È grata per la sua Madonna Ficarra, e vede in lei il dono cinque volte centenario dei padri. Quei padri che cercando e trovando in Gagini l’arte più esperta per cogliere al meglio un raggio della umile ed alta più che creatura e consegnarla ai figli, fecero di Ficarra la terra dell’Annunziata, una Nazaret e come Nazaret, terra, sì, umile, ma luogo della missionarietà, della crescita nella declinazione consapevole fatta di ricerca e adesione alla parola divina e umana della serva del Signore: “fiat secundum verbum tuum, avvenga di me quello che hai detto (Lc 1,38). Fiat e l’angelo, compiuta la sua missione, partì da lei.
Ficarra tutta, famiglia unita che aborrisce contrapposizioni, chiusure, ripiegamento si di sé, ché una è la Chiesa, uno il Battesimo, uno è Cristo Gesù, il Redentore, al quale elevare lo sguardo, uno è lo Spirito che dona lo scudo di salvezza, la destra che sostiene, la bontà che fa crescere (cfr Sal 18,36) e v’è un solo Dio e Padre.
Ficarra che conosce, unica sola arma, la sublime benignità, lente mirabile che permette di riconoscere il bene che c’è in ciascuno, mette in conoscenza le persone, è fonte d’autorevolezza, è dono divino accolto e coltivato. Ficarra figlia, sorella e sprone alla Chiesa attese fa suo il Giubileo della sua Madonna. Ficarra che dalla Chiesa attese condivide, entusiasta, il cammino. E ne condivide la passione evangelizzatrice, umilmente determinata a ripetere, ogni giorno da capo, che tutti, in forza del Battesimo, evangelizzano tutti, insieme, secondo un programma che tutti coinvolge nel guardare, analizzare, decidere, realizzare.
Ficarra col suo Giubileo, con Maria, immagine e modello della una santa cattolica apostolica, canta: Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! (Eb 13,18). Canta con la vita. Canta perché eterna è la sua misericordia (Sal 135). E canta: non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva d’Israele; io vengo in tuo aiuto, tuo redentore è il Santo d’Israele (Is 41,14).
Mons. Ignazio Zambito, Vescovo di Patti